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Grazie al diabete ho giocato in nazionale! La testimonianza di Alessio

« WeCare Blog | Marzo 14, 2022 |
Consigli e suggerimenti
Grazie al diabete ho giocato in nazionale! La testimonianza di Alessio

Ciao Alesì,

Eh sì, lo so che ora già ti starai arrabbiando. “Mi chiamo Alessio L. ed ho il diabete” avresti ripetuto con forza. Quel soprannome non ti è mai piaciuto, “Sono italiano, mica francese” avresti esclamato a chi veniva a guardarti giocare e che, forse fin troppo buono con te, proprio non resisteva al paragonarti a Platinì.
Te li ricordi quei giorni dell’esordio? Papà che veniva a prenderti ai campetti e ti diceva che per un po’ non avresti potuto giocare a calcio. Di peso ne avevi perso tanto e forse la causa era il troppo sport. E invece no, ma tu ci speravi.

Non ricordo a dire il vero le parole esatte che in quella soleggiata mattina di novembre, il Prof. Marietti dell’ospedale Gemelli di Roma ti ripeté per cercare di farti comprendere che di lì a poco la tua vita sarebbe cambiata e non saresti stato più solo. Ma a te che volevi che importasse, a te bastava un pallone ed una porta da calcio.

“Deve tornare a giocare” fu ciò che quel gigante della diabetologia impose ai tuoi genitori.

E allora sì, a chi volevi che importasse di controlli, glicemie ed iniezioni che di lì a poco ti avrebbero accompagnato per la vita, tu hai sempre avuto la convinzione che per essere felice bastava un pallone.

A quei tempi certo era diverso, bisognava fare continui controlli perché non era semplice come adesso, ma forse è stato questo il tuo segreto, la voglia che ci hai sempre messo per raggiungere il tuo sogno, la voglia che hai sempre dimostrato in campo e fuori, la voglia di voler dimostrare che con il diabete non solo eri come gli altri, ma molto di più.
Ma certo non tutti capiranno.
Come quando negli spogliatoi i selezionatori di quella squadra, pensando di non essere sentiti da te, confabulando fra loro, neanche volevano farti mettere gli scarpini.

Me le ricordo quelle lacrime sai, la frustrazione di pensare di essere diverso. Mi ricordo anche la tua rabbia quando quegli scarpini riuscisti ad indossarli, scendendo in campo e dimostrando che l’unico limite era nella loro testa.

Infatti, quegli stessi selezionatori che prima ti avevano fatto piangere, poi rinnegarono tutto per averti con loro. “Io mi drogo di insulina e non firmo con gente come voi” ripetesti. Di occasioni ne avrai per arrivare nel calcio dei grandi ma ahimè quel grande salto che sognavi da bambino non lo farai mai. E non per il diabete, ma per amore, che in fondo con la dolcezza tipica del miele forse qualche cosa in comune ce l’ha.
Rinuncerai, lascerai tutto e darai, mentendo agli altri ed a te stesso, la colpa al diabete. Smetterai di essere “Alesì” e coloro che prima così ti chiamavano si volgeranno a te con compassione, rammaricandosi del tuo mancato approdo nel calcio che conta. “Se solo non avesse avuto il diabete” diranno ignari che in fondo il diabete nelle tue scelte non c’entrava nulla. Ma tu lo sapevi che era tutto finto, che nel diabete avevi trovato la scusa per fuggire dalle tue aspirazioni.

Non gli chiederai mai scusa, eppure il diabete sarà ciò che ti salverà, ciò che ti darà una seconda, una terza ed anche una quarta possibilità, ti prenderà per mano e ti porterà in alto. Incontrerai lungo il tuo cammino un nuovo amico, uno di quelli che ti seguirà per la vita, di cognome Microinfusore e di nome variabile, spesso riconducibile ad una numerazione crescente sinonimo della sua grandezza.

Tornerai a giocare, perché lontano dal campo non ci saprai stare, e ancor più di prima ti sentirai “normale”. Si, normale, perché quasi il diabete ti sembrerà di non averlo più. Un simpatico sensore sul braccio pronto a segnalarti la glicemia e un altrettanto simpatico algoritmo pronto a correggertela in caso di errore.

Con il calcio e con il diabete conoscerai il significato della parola squadra. 18 ragazzi, un mister, una dirigenza, ognuno di loro pronto a rassicurarsi per te. Il check glicemico diventerà un rito nello spogliatoio, le zollette di zucchero nelle borse dei tuoi compagni un elemento indispensabile del loro equipaggiamento.

I tifosi intoneranno per te anche un coro pronto a darti la carica ogniqualvolta in te si sperava per risolvere la partita: “Fagli la siringa, dai Liguori fagli la siringa”.

Incontrerai tante persone lungo il cammino della tua vita e ti imbatterai nella grande famiglia che ha messo al mondo il tuo “amico” per la vita. Con loro girerai il mondo e capirai quanto lavoro c’è dietro, quanta gioia e quanto impegno c’è in ognuno di loro nell’ aiutare quelli come te. Inizierai a nutrire un altro sogno, ma questa è un’altra storia di cui magari riparleremo tra un po’.

Grazie all’Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici, con la quale sarai insignito del titolo di Young leader in Diabetes, rappresentando l’Italia durante i convegni mondiali a Vancouver ed Abu Dhabi, sarai notato e calcisticamente apprezzato e arriverai dove neanche con l’immaginazione potevi sognare di giungere.
Vestirai la maglia della nazionale italiana di calcio a 5 per diabetici e grazie anche al tuo carisma ne diventerai capitano. Canterai l’inno, lotterai su ogni pallone e con orgoglio vestirai la fascia sul braccio, cercando di onorarla.
Non rappresenterai solo l’Italia, quella maglia forse peserà ancor di più perché pregna del peso di chi vuole far sapere a più persone possibili che con il diabete di Tipo 1 si può fare qualunque cosa, che si può praticare attività sportiva ad ogni livello, da quello amatoriale a quello professionale e per dimostrare che quando c’è da combattere noi, persone con diabete, non ci tiriamo certo indietro.

Quelli che ti chiamavano Alesì affermeranno che giochi nella nazionale diabetici perché con il diabete non potevi competere con i normoglicemici. Stavolta tirerai giù la coperta, abbatterai il muro di bugie che ti eri costruito e a loro semplicemente risponderai che se non giochi in Serie A non è certo colpa del diabete ma di un cuore che per amore batteva troppo forte.

“Mi chiamo Alessio L., ho il diabete da quando avevo 7 anni e ad esso devo tutto.”


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